venerdì 15 novembre 2013

L'arma dimenticata


A sfogliare, leggere, osservare Inside the Rainbow: Russian Children's Literature 1920-1935: Beautiful Books, Terrible Times, mi sono tornati in mente certi titoli della stampa dell'epoca della Rivoluzione d'Ottobre. «I Rossi stanno rovinando i bambini russi», tuonava la prima pagina del New York Times nel 1919.

E l'idea che questo fosse «parte di un deliberato piano bolscevico corrompere e depravare l'infanzia [...] per addestrare i bambini a diventare i futuri propagandisti della dottrina materialistica e criminale di Lenin» deve essere straordinariamente resiliente e, in certa misura, rassicurante.

Non è, infatti, un caso che nella prefazione - per certi versi interessantissima - del libro, Philip Pullman si domandi: «Dove stavano i commissari e i segretari di partito mentre sotto il loro naso si costruiva questo paese delle meraviglie dell'arte moderna?»



Una domanda retorica, quella di Pullman, che attende una risposta sbagliata. Questa epoca aurea del libro per ragazzi con le figure (e aggiungere "russo" sarebbe riduttivo, visto che l'onda che ha provocato si sta ancora propagando, e con forza incredibile, nel mare magnum dell'editoria per ragazzi mondiale) non nasce "nonostante" o "contro" una rivoluzione distratta, ma scaturisce proprio dalla rivoluzione stessa, alimentata dal suo spirito più puro.



La consapevolezza dell'importanza dei libri per ragazzi nella prima Russia rivoluzionaria è sottolineato da una frase dello scrittore Lev Kormchy che, in un articolo comparso già nel 1918 sulla Pravda, sotto il titolo L'arma dimenticata, scrive: «Nello sterminato arsenale che la borghesia ha utilizzato per combattere il Socialismo, i libri per bambini hanno avuto un ruolo determinante. Nello scegliere in nostri cannoni e le nostre munizioni, ci siamo dimenticati di quelli che diffondono veleni. Dobbiamo strappare quest'arma dalle mani del nemico.»





Così, in un'epoca in cui la Russia era ancora attraversata da una sanguinosa guerra civile, combatteva un'invasione delle potenze occidentali, soffriva gli effetti devastanti di una carestia e cercava disperatamente di ricostruire un'economia a pezzi, le migliori forze intellettuali del paese furono impegnate a discutere i dettagli più sofisticati della letteratura per ragazzi.





D'altra parte, nella Russia dell'epoca, i bambini avevano acquisito un'importanza enorme. Come si legge nel saggio introduttivo di Arkady Ippolitov, curatore dell'Hermitage: «Per far sì che i bambini fossero pronti al radioso futuro che veniva costruito per loro, loro stessi dovevano essere ricostruiti... Per questo l'istruzione dei bambini era questione della massima importanza nella nuova Terra dei Soviet. E sappiamo che i libri hanno un ruolo piuttosto importante nell'educazione dei bambini.»





Di fare questi libri fu incaricato un funzionario ucraino cresciuto in Svizzera, membro di quella élite culturale cosmopolita attratta dalle idee rivoluzionarie dell'epoca: Anatoly Lunacharsky, il capo del Commissariato del Popolo Sovietico per i Lumi, noto con l'acronimo Narkompros. L'idea era semplice: si doveva costruire una nuova società da zero. Modellare e ispirare gli uomini affinché fossero gli attori e i promotori del nuovo mondo meraviglioso che li attendeva era un compito difficile, che doveva essere affidato ai migliori artisti ed educatori. Così, scrittori dell'avanguardia, artisti, registi cinematografici e musicisti - molti dei quali amici personali di Lunacharsky -, presero parte con entusiasmo al grande esperimento.





Chiaramente, i libri per gli uomini nuovi dovevano sovvertire i fondamenti di quelli avevano preceduti. Era necessaria una rivoluzione tanto nei soggetti quanto nell'estetica. Nacque così la nuova fiaba, quella che parlava del mondo reale: di lavoratori, industrie, tecnologie, trasporti, cibo, oggetti quotidiani, animali, edifici. E una nuova estetica che attingeva a piene mani al suprematismo, al futurismo e al costruttivismo, con le loro grandi campiture di tinte piatte, le forme geometriche e sintetiche, il ricorso alla fotografia e al photomontage; e sul fronte del testo reinventava la rima e la prosa con gli strumenti di un surrealismo ante-litteram.





Per quanto questi argomenti possano sembrare aridi, è evidente che i creatori di questi libri si sono divertiti un mondo a farli. E sono riusciti a farli con grande libertà, della quale era garante Lunacharsky. Ma, essendo la Russia, per l'appunto, la Russia, questo non significava che funzionari occhiuti non fossero attenti a ogni immagine e a ogni riga che venisse pubblicata.



La vedova di Lenin, che era diventata funzionario del Narkompros con una specifica delega all'Istruzione, criticò aspramente l'antropomorfismo di certe illustrazioni, considerando un peccato non veniale la mancanza di realismo. E la censura colpì duramente un libro su un bambino che non si lavava perché la frase «Vergognati, sembri uno spazzacamino», era evidentemente e inaccetabilmente anti-proletaria. E, sempre, in tutto il periodo considerato dal libro, aleggiava minacciosa l'accusa di voler "divertire" e non "istruire", della quale furono vittime anche Marshak e Lebedev.



Ma questi lavori così scintillanti e innovativi contenevano in sé il seme della propria distruzione. Che si presentò sotto forma di un bel paio di baffoni folti. Non appena Stalin ebbe ben salde in mano le leve del potere si preoccupò di mettere un freno a tanta, scatenata e incontenibile creatività: non aveva più bisogno di rivoluzionari, ma di obbedienti esecutori. Il primo a essere deportato fu Osip Mandelstam. Lunacharsky ebbe un esilio dorato in svariate missioni diplomatiche. Altri morirono: nei gulag (Mandelstam e Bulatov), negli ospedali psichiatrici (Kharms), in prigione (Tretyakov) o per le conseguenze della detenzione (Zabolotsky e Zdanevich). Vladimir Mayakovsky fu suicidato con un colpo di pistola al petto.

Ci restano i libri. E tanta gratitudine.



Piccolo spazio pubblicità: oltre che su Amazon.it, potete trovare questo libro anche da Spazio b**k.

Post scriptum: Abbiamo usato la traslitterazione dal cirillico utilizzata nel libro. Sappiamo che qualche purista si lamenterà, ma ci è sembrato meglio restare coerenti con l'oggetto dell'articolo.

1 commento:

Anna ha detto...

Davvero interessante, grazie.
Come ti avevo accennato, sul post di oggi su LFDL ho approfittato della tua cultura rimandando al tuo articolo.